Lo Scrittore non aspettava visite quella sera. Tuttavia, dato che il destino  ama scombinare ogni piano, qualcuno bussò alla porta di casa sua. Di buon animo qual’era, si affrettò per poter accogliere all’uscio il visitatore, ma qualcosa lo colpì stranamente:  non si sapeva spiegare come né perché, ma davanti alla porta non c’era effettivamente nessuno, strano. Dapprima il fatto lo inquietò molto, lasciando però poi spazio ad un buon bicchiere di cognac gustato davanti al suo nuovo capolavoro: l’ultimo suo romanzo.  Eh sì, ne andava proprio fiero; in quel momento gli sembrarono indispensabili  tutti gli immensi sacrifici fatti per poter concludere quell’ opera, e gli passarono davanti agli occhi le cose che si era perso per poter continuare incessantemente nel suo lavoro:  le uscite rimandate con gli amici che ora rimandavano loro le sue richieste,  ,l’amabile madre che s’informava ogni giorno per poter aver notizie del figlio ma che ora non chiamava più, e poi Laurie ,  la sua ragazza. Dio sa quante litigate infiammarono le linee telefoniche tra i due in tutto quel periodo, ma ora erano cessate, finite. Un giorno di Settembre, umido ed uguale a molti altri, Lei lo lasciò. Così, semplicemente. Del resto, non trovò alcuna ragione al mondo per poterla biasimare: voleva la sua vita, e viverla appieno con lui, ma per lui questo non era possibile  o forse soltanto capibile.
Dannazione. Pensò a tutto questo giusto nel tempo necessario per vuotare il drink alcolico, poi se ne versò un altro. L’acre sapore di alcol gli pervase ogni senso, scombinandogli i pensieri per qualche minuto. Non si riprese per molto tempo, ma questo non bastò per fermare quel strano processo che si stava svolgendo nella sua testa, per il quale non serve essere lucidi. Luci che si riflettevano nel grande specchio ovale del salotto in cui stava inerme, bianche e rosse, sbattendo violentemente nei suoi occhi e poi nella sua testa, lo stordirono senza aver bisogno di accecarlo; Forse il bicchiere che si era appena scolato non era semplicemente il secondo, ma le luci erano troppo forti per pensarci a fondo e la testa non rispondeva più come al solito. Nell’insolita discoteca della sua mente, ripensò ad alcune frasi del suo libro, alla romantica storia d’amore del suo alter ego- così infatti aveva scelto- e alle sue infinite divertenti storie. Invidiò un po’ la sua creazione, così perfetta e così felice, mentre il suo creatore, quello che gli consentì di poter esser così felice, marciva nella sua stessa merda. Maledì tutto, dalla sua opera così cara  alla sua vita. Niente andava per il verso giusto, ma almeno il lavoro era terminato; con quello si sarebbe pagato gli ultimi debiti e magari si sarebbe preso un po’ di vacanze al mare con Laurie. Lei adorava il mare, questo se lo ricordava ancora. Scoppiò in una risata isterica che lentamente si confuse ad un lungo pianto. Non un pianto liberatorio, bensì di autocommiserazione e derisione per se stesso. Cosa diavolo aveva combinato per ritrovarsi così a distruggersi con le sue stesse mani  nel piccolo appartamento in cui i vicini avevano sempre il volume del televisore troppo alto? Si sentì decisamente impotente verso tutto, ma almeno il lavoro era terminato, e con quello avrebbe riacquistato la forza che ora gli stava sfuggendo dalle dita con cui scrisse la sua fortuna.  Con lo sguardo si diresse verso lo schermo lucente del computer ancora aperto sulla scrivania. Il cursore della tastiera sull’ultima pagina del libro lampeggiava ancora, lanciando segnali di intermittenza ipnotici. Lo Scrittore non aveva indosso gli occhiali per poter leggere fino a quella distanza e perciò cercò di strisciare più vicino per veder meglio. Tutto rimbombava dentro di lui, dal volume del televisore sintonizzato su un programma squallido, alle mille luci accecanti e persino alle immagini che come flash si ripetevano come il suono nervoso di un giradischi bloccato. Poi fu abbastanza vicino da poter leggere l’ultima  frase del suo racconto. Quello che fino ad un momento prima lo avvolgeva in una psichedelica bolla, si spense quando vide che il racconto, la sua speranza, quello che lo avrebbe salvato da tutto lo schifo della sua vita, mancava di  finale, e l’ultima riga lampeggiava a metà, non finita. Avrebbe dato tutto per poter raccogliere le forze ed alzarsi a terminare il lavoro, ed una rabbia lo colse quando si ricordò del perché si dimenticò di finire la frase: quel dannato scherzo alla porta, e poi tutti quei pensieri che si susseguirono fino al tracollo. Ma la forza di volontà che lo travolse gli fece alzare le gambe, e con l’ultimo disperato gesto si scaraventò contro la tastiera. Ora poteva vedere chiaramente tutti i piccoli tasti che da soli non poteva significare nulla, ma insieme possedevano infiniti significati. Lui,invece, solo e privo di senso. Una lacrima scivolò sopra la “g” bagnando il computer. Infine prese coraggio e scrisse: - Tutto questo, io finalmente l’ho capito. Quello che non ho mai guardato con occhi sinceri, quello che ho trascurato per dedicarmi a quello che a sua volta mi trascurava, tutto questo io l’ho compreso. Ma è tardi, ed io … … … ….