"No Country for Old men"





NON E’ MAI Stato Un Paese Per Vecchi


“C'è un ragazzo che ho mandato sulla sedia elettrica qui a Huntsville, qualche tempo fa. Su mio arresto e mia testimonianza. Aveva ucciso ammazzato una ragazzina di quattordici anni. Il giornale scrisse che era un crimine passionale, ma lui mi disse che la passione non c'entrava niente. Che da quando si ricordava aveva sempre avuto in mente di ammazzare qualcuno e che se fosse uscito di galera lo avrebbe rifatto. Sapeva che sarebbe andato all'inferno e da lì a un quarto d'ora ci sarebbe andato. Io non so cosa pensare, non lo so proprio.”.                                                                            Sceriffo Bell


Punto uno: diventa consapevole della malvagità dei fatti. Punto due: abbandona la fortuna. Punto tre: comprendi la morte nel nome della giustizia. Punto quattro:  muori o verrai tagliato fuori.



Film del 2007, regia e sceneggiatura di Joel ed Ethan Coen. “Non è un paese per vecchi” racchiude una poesia che rischia di perdersi, immersa così com’è nel paesaggio più desolato che il Texas avesse potuto offrire. La chiave di lettura di questo capolavoro che vinse l’Oscar nel 2008  è, secondo me, racchiusa negli occhi di Tommy Lee Jones alias Sceriffo Bell alias voce fuori campo che sposa gli unici momenti soggettivi dell’intero film. Un piccolo diario segreto con lucchetti e fiorellini, di cui però noi spettatori possediamo la chiave: In questo modo, entriamo dentro alla mente dello Sceriffo ormai avviato alla via crucis del pensionamento, scoprendone i dubbi, le delusioni e i sogni. Non voglio però parlare della trama del film, bisognerebbe guardarlo per coglierne davvero ogni frame pervaso dalla più blanda solitudine ed apprezzare l’aspetto thriller della vicenda. E’ infatti una partita di droga smezzata male a far partire il film, a cui seguono a ruota un protagonista nel posto sbagliato al momento sbagliato e un killer spietato che gli dà incessantemente la caccia. Morti e sangue dappertutto. Questa però è la cornice che serve alla tela per essere dipinta, questa è l’anfora piccola. La birra prende il posto del vino buono, ed è proprio con il  tipico protagonista americano birrofilo che comprendiamo il disegno di un mondo lacerato dalla violenza. Senza pretese, è la stessa banalità del male scritta nel 1963 dall’ebrea H. Arendt  riguardo alle barbarie avvenute nei campi di concentramento; è l’identica trama fitta di dolori e sofferenze che ritroviamo nei Promessi Sposi di Manzoni, in cui il “sugo della storia” dona ai giovani protagonisti il perché ultimo delle disgrazie commissionate da una Provvidenza che agisce attraverso il πάθει μάθος (pàthei màthos) delle tragedie greche, ossia attraverso una sofferenza che rende grandi: in altri termini è grazie al nostro patire che ci accorgiamo dell’esistenza di un ordine perfetto nel mondo: più piangiamo e più il nostro spirito si eleverà. Sarebbe come dire che venendo sconfitti scopriamo che avremmo potuto anche vincere:

victrix causa deis placuit, sed victa Catoni                                                                                                                                    (La causa vittoriosa ebbe il sostegno degli dei, ma quella sconfitta ebbe il sostegno di Catone)

Questa è una frase tratta dalla Pharsalia ( o Bellum Civile) di Lucano, un poeta romano del I secolo d.C. Questo testo di fondamentale importanza culturale( fu una delle preziose fonti d’ispirazione di Dante Alighieri) è un poema epico- storico  narrante la vicenda della guerra civile scoppiata tra Cesare e Pompeo che si concluse appunto a Farsalo, in Grecia, nel 48 a.C. e da qui il titolo dell’opera. Marco Porcio Catone Uticense è un personaggio secondario, un uomo che sceglie di non confidare più nelle sacre disposizioni degli dèi per poter prendere una decisione non vincolata ad un comune sentire. In questa ribellione ‘titanica’ che richiama per molti versi il Titanismo eroico romantico dei personaggi protagonisti dei romanzi del XVII secolo, Catone si consegna nelle mani del Destino beffardamente, stoicamente rassegnato ad una resa che conferisce onore al suo spirito e che rende giustizia al diritto di libertà. Catone sceglie la guerra civile, sicuro di esser sconfitto nella sua scelta, certo di una malvagità che il mondo ha lasciato diffondere in ogni substrato sociale e che avvelena la ragione nel cosmo e nel microcosmo romano. Catone è lo Sceriffo Bell, uniti da una visione stanca e quasi rassegnata della vita. C’è però una differenza di fondo che distanzia i due personaggi così lontani cronologicamente: Catone sembra rappresentare quella “primavera” della vita, che coincide con la maturità e che conferisce una piena consapevolezza delle proprie scelte. Catone vuole agire, anche a costo di incappare in una sconfitta certa. Catone si appella alla virtù che lo porta a scontrarsi con il Corso del Mondo descritto nella filosofia idealistica del 1800 di Georg Wilhelm Friedrich Hegel: Il politico romano non può aspirare all’universalità e al cambiamento del mondo, poiché la sua virtù è priva di rapporti con la realtà ( che è completamente diversa dalla sua ottimistica visione delle cose) e pertanto astratta nonché destinata alla sconfitta. Lo Sceriffo Bell del film dei fratelli Coen, invece, sembra portare con sé “l’autunno” della vita, ossia una fase in procinto di chiudere i battenti, di cessare la lotta per attuare un miglioramento nel mondo. Ci si rende conto dei propri limiti ed è proprio per questo che il vecchio Sceriffo sembra non poter nulla per fermare Anton Chigurh, il killer che sta spargendo sangue ovunque. Alla fine infatti lo Sceriffo va in pensione, ormai sconfortato dai cambiamenti sopraggiunti nel paese in cui vive, rassegnandosi completamente ad un mondo in cui dilaga la violenza più immotivata e crude. Nel personaggio del film possiamo rintracciare un’adesione totale e volontaria al destino, cosa che chiaramente non ritroviamo nel Catone di Lucano in grado di cogliere il discrimine tra giusto e l’ingiusto. Il fil rouge che collega questi due personaggi è dunque stato tagliato da un nuovo mondo, più sottilmente perfido e in cui davvero non c’è posto per chi ha intenzione di mollare e non combattere titanicamente per se stessi più che per cambiare le cose. Non è un paese per vecchi.


“Quello che provi tu non è una novità. Questo paese è duro con la gente. Non puoi fermare quello che sta arrivando. Non dipende tutto da te. È semplice vanità.”                                                                             (frase tratta dal film)