mercoledì 22 febbraio 2012
"Quando la tartaruga batte i 9,58 secondi dei cento metri piani"
"Achille e quella dannata tartaruga" Zenone di Elea |
Henri si
versa un altro bicchiere di cognac qualità Fine Champagne,
richiudendo con forza il tappo rettangolare della lunga bottiglia opaca. “Non c’è
niente di meglio di una piccola bevuta per ravvivare una conversazione
scientifica” - pensa l’uomo sfiorandosi i baffi con le dita della mano destra- “proprio
nulla!” <<Desideri
qualcosa? So che non è casa mia, ma mi sono preso il permesso di controllare l’armadietto
dei liquori e, dannazione, la qualità supera la quantità di un bel 10 a 1.>>
dice Henri al suo compagno di stanza rivolto verso la finestra in
contemplazione. Tossendo sonoramente, l’uomo si gira verso Henri strizzando gli occhi e,
dopo un attimo di suspense, se ne esce con un secco no muovendo la testa.“Proprio strano. Siamo qui da ormai non so quanto tempo eppure ancora si
ostina a rimanere ostile nei miei confronti. L’unica cosa che ci riesce fare è
discutere e discutere ancora. E così sia.” Tra sé e sé conclude Henri.Poi,
insperatamente, l’uomo scontroso apre la bocca per dire le prime parole non
inerenti ad un concetto filosofico: <<
Ho saputo di un mio connazionale, un ateniese, che ha appurato a sue spese il
dramma del bere. Non per essere sgarbato, ma ho il terrore della cicuta. La
conosci? Me la immagino immersa in ogni coppa che mi offrono, pronta per
zittire una volta per tutte il suono della mia voce.>>. Henri,
sbigottito, risponde: <<Non azzarderei troppo ad una conclusione affrettata, ma credo
che noi siamo già morti. E qualcuno anche da un bel pezzo. E si, ne ho sentito
parlare di questa cicuta. Comunque rifletti un attimo: ti sei mai accorto del
tempo nel suo trascorrere o hai mai fatto caso a quanto tutto intorno a noi
sembri essere fuori dal’esistenza?>>.Dalla finestra si sente un grido:
<<Sancte Socrates, ora pro nobis!>> ed è quel burlone di un
Erasmo da Rotterdam.
<<Ora che ci penso- propone il Greco-
sembriamo essere trasportati su degli stadi di una corsa senza raggiungere una
vera e propria meta. Ora siamo precisamente nella metà del nostro cammino, che
è metà della metà della metà della metà …>> <<Si, si. Fantastico. Hai afferrato il concetto … Zerone, vero?>> <<Zenone di Elea >> <<Giusto, perdonami.
La filosofia mi ha trafitto la memoria con le frecce di inutili
conoscenze.>> <<Ne capisco qualcosa, non preoccuparti.>> sbuffa a denti
stretti Zenone/Zerone. <<Che poi cos’è la memoria- prosegue Henri
non curandosi del compagno conversatore - se non un imbuto che fa da filtro al presente
tramite la percezione di ciò che è favorendo l’ingresso del passato in ciò che
viviamo in un unicum costituito dal rapporto tra la percezione del reale e la
memoria?>> <<Scusa, non stavo ascoltando. Mi è sfuggita una tartaruga dalla
gabbia e non riesco a raggiungerla. Mi aiuteresti?>> sbiascica Zenone
gattonando dietro ad una piccola tartarughina verde. <<Certo,
perché no? Però ti avviso: non sono un abile corridore. Il meglio che so fare è
calcolare la tempistica necessaria a raggiungere questa carinissima
tartaruga.>> confessa arrossendo Henri Bergson. <<Ah, e ricordati che nel nostro caro
tempo,che ora mi sfugge, non esistono istanti che possiamo definire distinti
uno dall’altro, bensì essi fluiscono in continuazione nella durata percepita
nella coscienza: Mi piacerebbe rassicurarti sulla tragedia imminente,ma la tua
tartaruga temo che non la raggiungerai mai.>> <<Bazzecole, ti sembro forse scemo?So benissimo che Achille ha raggiunto
quella fottuta tartaruga. Mi faceva comodo affermare il contrario. Un giorno
ero in bagno e avevo finito le parole crociate, mi restavano solo quelle di
Bartezzaghi: terribile. Cosa potevo fare se non, ahimè, pensare un po’? Quel
giorno, grazie a quell’idea del paradosso della tartaruga, andai in bagno due
volte. Quindi ora smettila di blaterale e dammi una mano!>> urla Zenone
tutto blu in volto e con la barba bianca in vista, quasi fosse Grande Puffo. Così due dei più grandi filosofi si
mettono per terra cercando di acchiappare la fuggitiva quando Bergson, un po’ perché
stanco di tutto quel movimento, un po’ perché voleva divertirsi, se ne esce con
un’idea: << Calma mio caro Zerone!>>
<<Zenone!>> <<Scusami. Mi è venuta un’illuminazione:il nostro problema sono i
mutamenti; se la tartaruga prosegue con quelle sue maledettissime zampette a
scorrazzare su e giù per la stanza è colpa di un mutamento interno del suo
stato di trasformazione, cosa che avverrebbe anche se lei stesse ferma. Mi
segui?>> chiede Henri e mentre aspetta la risposta si scola il bicchiere
di cognac. <<Si, più o meno. Senti, per me è già una fatica parlare spicciolo
in francese, figurati intavolare una conversazione di tal specie. Invece di
queste considerazioni prendi una corda o un secchio. Prendi un
inceneritore.>> sbotta il filosofo di Elea, ormai stanco della situazione
paradossale. <<O
mio caro Zery, posso chiamarti così vero? Ti stai forse scaldando? La pazienza
è la virtù dei forti, ricordalo. >> e detto questo sbuca dalla porta Rousseau
urlando ai quattro venti: << La pazienza è amara, ma il suo frutto è dolce!>>.
Poi, inciampando sulla tartaruga, cade a terra e perde i sensi. La pazienza a
volte è veramente aspra quanto un limone. <<La
stiamo tirando per le lunghe. Se noi raggiungessimo il tempo t1 e poi quello t2 e in seguito quello tn
in concomitanza alla tartaruga, avremmo tempi uguali in spazi uguali e benché in
differita, saremmo vicini a prenderla.>> si ferma a riflettere Zenone come
ai bei vecchi tempi. Il
tempo intanto non scorreva, ma si sarebbe potuto dire che si era fatta
notte.Henri e Zenone continuavano a ciarlare e gattonare su e giù per la
stanza, ora avvicinandosi e ora allontanandosi dalla tartaruga che, intanto, si
era fermata a mangiare una foglia di lattuga.<<Questo è
il momento perfetto!>> esclama Bergson seguito a ruota da Zenone:
<<Ora sarà nostra finalmente.>>.Troppo bello per essere
vero ed infatti i due vengono stoppati da una figura che, imponente, blocca la
via verso la famigerata ladra di tempo e speranze.<<Come la mettiamo con la storia della traiettoria e delle frecce?
Tu, Zenone, dici che non esiste la freccia, mentre tu, Bergson, dici che sono
ridicolaggini le tesi sull’esistenza della traiettoria. Beh, io sono nel mezzo
e sostengo l’esistenza di entrambe le cose e voi mi accusate di negarle al
tempo stesso. Vengo quindi colpito dalle frecce da una parte e dalle loro traiettorie
dall’altra. Cosa dire allora? Grazie al cazzo. Vorrei vedervi a discutere di
queste stronzate sui i gradini di Elagabalo.>>. Era San Sebastiano. Dopo aver
finito il discorso, si sfila una freccia dalla spalla e la tende verso la
tartaruga infilzandola poi come uno spiedino. <<E ora non rompete più le palle>>. Alquanto imbarazzati, i due filosofi si ritirano in salotto abbandonando
il corpo inerme della tartaruga che in realtà è ancora viva e scappa dalla
porta lasciata aperta da Rousseau. Infine il silenzio divenuto
assordante si rompe: <<Bartezzaghi hai detto? Hai mica qui le parole crociate?>>.