"Achille e quella dannata tartaruga"
Zenone di Elea



Henri si versa un altro bicchiere di cognac qualità Fine Champagne, richiudendo con forza il tappo rettangolare della lunga bottiglia opaca. “Non c’è niente di meglio di una piccola bevuta per ravvivare una conversazione scientifica” - pensa l’uomo sfiorandosi i baffi con le dita della mano destra- “proprio nulla!” <<Desideri qualcosa? So che non è casa mia, ma mi sono preso il permesso di controllare l’armadietto dei liquori e, dannazione, la qualità supera la quantità di un bel 10 a 1.>> dice Henri al suo compagno di stanza rivolto verso la finestra in contemplazione. Tossendo sonoramente, l’uomo si gira verso Henri strizzando gli occhi e, dopo un attimo di suspense, se ne esce con un secco no muovendo la testa.“Proprio strano. Siamo qui da ormai non so quanto tempo eppure ancora si ostina a rimanere ostile nei miei confronti. L’unica cosa che ci riesce fare è discutere e discutere ancora. E così sia.” Tra sé e sé conclude Henri.Poi, insperatamente, l’uomo scontroso apre la bocca per dire le prime parole non inerenti ad un concetto filosofico: << Ho saputo di un mio connazionale, un ateniese, che ha appurato a sue spese il dramma del bere. Non per essere sgarbato, ma ho il terrore della cicuta. La conosci? Me la immagino immersa in ogni coppa che mi offrono, pronta per zittire una volta per tutte il suono della mia voce.>>. Henri, sbigottito, risponde:  <<Non azzarderei troppo ad una conclusione affrettata, ma credo che noi siamo già morti. E qualcuno anche da un bel pezzo. E si, ne ho sentito parlare di questa cicuta. Comunque rifletti un attimo: ti sei mai accorto del tempo nel suo trascorrere o hai mai fatto caso a quanto tutto intorno a noi sembri essere fuori dal’esistenza?>>.Dalla finestra si sente un grido: <<Sancte Socrates, ora pro nobis!>> ed è quel burlone di un Erasmo da Rotterdam.
 <<Ora che ci penso- propone il Greco- sembriamo essere trasportati su degli stadi di una corsa senza raggiungere una vera e propria meta. Ora siamo precisamente nella metà del nostro cammino, che è metà della metà della metà della metà …>> <<Si, si. Fantastico. Hai afferrato il concetto … Zerone, vero?>>  <<Zenone di Elea >> <<Giusto, perdonami. La filosofia mi ha trafitto la memoria con le frecce di inutili conoscenze.>> <<Ne capisco qualcosa, non preoccuparti.>> sbuffa a denti stretti Zenone/Zerone. <<Che poi cos’è la memoria- prosegue Henri non curandosi del compagno conversatore -  se non un imbuto che fa da filtro al presente tramite la percezione di ciò che è favorendo l’ingresso del passato in ciò che viviamo in un unicum costituito dal rapporto tra la percezione del reale e la memoria?>> <<Scusa, non stavo ascoltando. Mi è sfuggita una tartaruga dalla gabbia e non riesco a raggiungerla. Mi aiuteresti?>> sbiascica Zenone gattonando dietro ad una piccola tartarughina verde.                                                                                                                                                           <<Certo, perché no? Però ti avviso: non sono un abile corridore. Il meglio che so fare è calcolare la tempistica necessaria a raggiungere questa carinissima tartaruga.>> confessa arrossendo Henri Bergson.  <<Ah, e ricordati che nel nostro caro tempo,che ora mi sfugge, non esistono istanti che possiamo definire distinti uno dall’altro, bensì essi fluiscono in continuazione nella durata percepita nella coscienza: Mi piacerebbe rassicurarti sulla tragedia imminente,ma la tua tartaruga temo che non la raggiungerai mai.>> <<Bazzecole, ti sembro forse scemo?So benissimo che Achille ha raggiunto quella fottuta tartaruga. Mi faceva comodo affermare il contrario. Un giorno ero in bagno e avevo finito le parole crociate, mi restavano solo quelle di Bartezzaghi: terribile. Cosa potevo fare se non, ahimè, pensare un po’? Quel giorno, grazie a quell’idea del paradosso della tartaruga, andai in bagno due volte. Quindi ora smettila di blaterale e dammi una mano!>> urla Zenone tutto blu in volto e con la barba bianca in vista, quasi fosse Grande Puffo. Così due dei più grandi filosofi si mettono per terra cercando di acchiappare la fuggitiva quando Bergson, un po’ perché stanco di tutto quel movimento, un po’ perché voleva divertirsi, se ne esce con un’idea: << Calma mio caro Zerone!>>  <<Zenone!>>  <<Scusami. Mi è venuta un’illuminazione:il nostro problema sono i mutamenti; se la tartaruga prosegue con quelle sue maledettissime zampette a scorrazzare su e giù per la stanza è colpa di un mutamento interno del suo stato di trasformazione, cosa che avverrebbe anche se lei stesse ferma. Mi segui?>> chiede Henri e mentre aspetta la risposta si scola il bicchiere di cognac. <<Si, più o meno. Senti, per me è già una fatica parlare spicciolo in francese, figurati intavolare una conversazione di tal specie. Invece di queste considerazioni prendi una corda o un secchio. Prendi un inceneritore.>> sbotta il filosofo di Elea, ormai stanco della situazione paradossale. <<O mio caro Zery, posso chiamarti così vero? Ti stai forse scaldando? La pazienza è la virtù dei forti, ricordalo. >> e detto questo sbuca dalla porta Rousseau urlando ai quattro venti:  << La pazienza è amara, ma il suo frutto è dolce!>>. Poi, inciampando sulla tartaruga, cade a terra e perde i sensi. La pazienza a volte è veramente aspra quanto un limone. <<La stiamo tirando per le lunghe. Se noi raggiungessimo il tempo t1 e poi quello t2 e in seguito quello tn in concomitanza alla tartaruga, avremmo tempi uguali in spazi uguali e benché in differita, saremmo vicini a prenderla.>> si ferma a riflettere Zenone come ai bei vecchi tempi. Il tempo intanto non scorreva, ma si sarebbe potuto dire che si era fatta notte.Henri e Zenone continuavano a ciarlare e gattonare su e giù per la stanza, ora avvicinandosi e ora allontanandosi dalla tartaruga che, intanto, si era fermata a mangiare una foglia di lattuga.<<Questo è il momento perfetto!>> esclama Bergson seguito a ruota da Zenone: <<Ora sarà nostra finalmente.>>.Troppo bello per essere vero ed infatti i due vengono stoppati da una figura che, imponente, blocca la via verso la famigerata ladra di tempo e speranze.<<Come la mettiamo con la storia della traiettoria e delle frecce? Tu, Zenone, dici che non esiste la freccia, mentre tu, Bergson, dici che sono ridicolaggini le tesi sull’esistenza della traiettoria. Beh, io sono nel mezzo e sostengo l’esistenza di entrambe le cose e voi mi accusate di negarle al tempo stesso. Vengo quindi colpito dalle frecce da una parte e dalle loro traiettorie dall’altra. Cosa dire allora? Grazie al cazzo. Vorrei vedervi a discutere di queste stronzate sui i gradini di Elagabalo.>>. Era San Sebastiano. Dopo aver finito il discorso, si sfila una freccia dalla spalla e la tende verso la tartaruga infilzandola poi come uno spiedino. <<E ora non rompete più le palle>>. Alquanto imbarazzati, i due filosofi si ritirano in salotto abbandonando il corpo inerme della tartaruga che in realtà è ancora viva e scappa dalla porta lasciata aperta da Rousseau. Infine il silenzio divenuto assordante si rompe:  <<Bartezzaghi hai detto? Hai mica qui le parole crociate?>>.