Già sogno di rigermogliare
che tu le ultime foglie,
fatiche, nemmeno abbandoni.

Disperso nella luce ch'abbaglia
sento staccarsi con suoni e 
lamenti la primavera dei tuoi sforzi.

Era settembre nelle nostre radici,
intrecciando le linfe come pazzi
nei tronchi molli, felici.

Non v'era tempo d'ascoltare
l'aerei lamenti del sereno, le rondini.
Ma le nubi: quelle c'erano.

Si stagliavano complici dell'inganno
e all'improvviso, mute come zanzare,
lacrime d'inverno, le tue palpebre.

Diviso il mio tronco appare
alle foglie sparse di simboli
che soli perdono il senso.

E il mio senso qui si svela:
sei l'oggetto perso del mio vagare
che il senso profondo cela.